I disturbi del comportamento alimentare
19 marzo 2021
Marzo è il mese in cui anche noi di Intrecci, abbiamo speso un momento per riflettere su una problematica complessa e dolorosa che riguarda moltissimi ragazzi e ragazze. Stiamo parlando dei disturbi del comportamento alimentare. Questo fenomeno ha un impatto profondo non solo sulla persona che ne soffre, ma anche su tutti coloro che vivono a fianco di chi, ogni giorno, lotta contro questa problematica.
Cosa vuol dire soffrire di un disturbo alimentare? In questo articolo proveremo a parlarne cercando di chiarire alcuni dubbi che i familiari delle nostre pazienti, ci portano costantemente.
Una definizione
I disturbi del comportamento alimentare sono caratterizzati da quello che viene definito come “un persistente disturbo dell’alimentazione, o la presenza di comportamenti connessi all’alimentazione, che determinano un non equilibrato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente non solo la salute fisica ma anche la sfera sociale.” Questa definizione ci pone davanti una riflessione: i disturbi del comportamento alimentare danneggiano non solo il corpo, ma influenzano il modo in cui una persona si relaziona con la propria sfera sociale, lavorativa e familiare.
All’interno della grande categoria DCA (cioè Disturbi del Comportamento Alimentare) troviamo patologie come l’anoressia, la bulimia, e il disturbo da alimentazione incontrollata. Una domanda che spesso ci sentiamo rivolgere è: “Basta fare una dieta, perdere peso, per definirsi anoressica? E’ sufficiente un solo episodio di abbuffata, magari con cibo di fast food, per dire di soffrire di disturbo da alimentazione incontrollata?”. La risposta, è no, non basta questo. Clinicamente, per parlare di vero e proprio disturbo dell’alimentazione è necessario soddisfare alcuni criteri che variano a seconda della patologia: ce ne saranno alcuni per quanto riguarda l’anoressia, altri per quanto concerne la bulimia. Qui non troverete un vuoto elenco di criteri e comportamenti sintomatici legati a questi disturbi. Il nostro consiglio è sempre quello, in caso di dubbi o interrogativi, di rivolgersi ad uno specialista che potrà guidarvi e chiarire eventuali dubbi.
I fattori di rischio
Le domande che spesso i pazienti e loro familiari ci portano all’interno delle stanze di terapia riguardano i cosiddetti “fattori di rischio”. I fattori di rischio sono le condizioni che, quando presenti, favoriscono la probabilità che, una certa malattia, o condizione fisica, si verifichi. Molto spesso i genitori ci chiedono se l’anoressia insorga perchè le ragazze e i ragazzi si lasciano contagiare dalla moda della magrezza che vedono in tv. Altre volte ci chiedono se dietro un’abbuffata ci sia una richiesta di aiuto o un comportamento messo in atto perché di “moda nella classe”. Come in tutte le cose non c’è una risposta semplice a queste domande. Quello che possiamo dire è che la realtà è,come spesso accade, molto più complessa.
Ci sono quindi moltissime cause ed eventi che possono concorrere all’insorgenza di un disturbo del comportamento alimentare. Valutare se stessi in base al peso riportato sulla bilancia, attribuire molta importanza alla forma del proprio corpo arrivando a non uscire di casa per colpa dei fianchi troppo larghi, sono solo alcuni dei fattori che , come adulti , ci devono invitare a prestare maggiore attenzione. Accanto a queste preoccupazioni, i vissuti che maggiormente i ragazzi ci raccontano, sono legati ad un sentimento di inadeguatezza, come se la persona non si sentisse in grado di rispondere alle richieste che provengono dal mondo.
I fattori di protezione
Può sembrare una banalità, ma i fattori di protezione per questa, ed altri disturbi, li possiamo trovare all’interno della famiglia. I genitori attenti possono fare molto per aiutare il proprio figlio. Per prima cosa è avere occhi vigili in grado di cogliere i piccoli cambiamenti dell’alimentazione. Come genitori ponete attenzione ai segnali, come ad esempio l’inizio di alcune “restrizioni” cioè l’evitamento da parte del ragazzo, di un certo tipo di cibo, o di alcune grandi categorie alimentari, come i carboidrati o i condimenti come olio e burro. E’ possibile che, un altro segnale, riguardi l’intensificazione dell’attività fisica. Bisogna tenere a mente è che ci possono essere molte espressioni e molti piccoli indizi che, come genitori, potete cogliere.
I buoni genitori non sono solo buoni “detective”, pronti a cercare indizi o a seguire le tracce che lasciano i propri figli. Come spesso abbiamo cercato di sottolineare, la comunicazione gioca una parte fondamentale quando pensiamo che sussista un problema nella nostra famiglia. E’ importante quindi che, vostro figlio, capisca che vi siete accorti che qualcosa non va, che vi preoccupate per lui e che il vostro sguardo amorevole è rivolto al suo benessere.
Uno spazio per i genitori
I DCA non sono disturbi da cui è facile “uscirne”, ma in molti casi, è diffusa l’idea che, per farlo, basti la forza di volontà. Ecco che il momento della cena diventa quindi teatro dove si mettono in scena battaglie all’ultimo sangue, tiri alla fune tra il mangiare e il non mangiare. I genitori si colpevolizzano, si chiedono dove abbiano sbagliato, sentendosi sopraffatti dal dolore e dalla disperazione.
E’ importante sottolineare che, un disturbo dell’alimentazione è una malattia, e come tale, richiede un team di specialisti che possano aiutare e sostenere non solo il paziente ma anche i suoi familiari.
Come genitori quello che potete fare è quindi ricorrere all’aiuto di esperti che vi potranno guidare nella conoscenza del disturbo e vi aiuteranno a trovare le strategie più adatte per sostenere vostro figlio e voi stessi in questo cammino.